Comprensioni – Incomprensioni
Mostra degli artisti:
- Walter Accigliaro (con 8 dipinti dal 1985 al 2017)
- Daniele Aletti
- Rodolfo Allasia
- Enzo Bersezio
- Alessia Clema
- Claudio Diatto
- Guido Giordano
- Daniela M. Guggisberg
- Pier Giuseppe Imberti
- Mario Mondino
- Claudio Salvagno
- Fiorenzo Sasia
- Michelangelo Tallone
- Gaetano Usciatta
La mostra, curata da Roberto Baravalle con Massimiliano Cavallo e Giacomo Doglio, è stata realizzata con il patrocinio del Comune di Cuneo e resterà aperta dal 6 al 29 ottobre 2017 con i seguenti orari:
- giovedì e venerdì dalle 17,00 alle 19,30,
- sabato e domenica dalle 15,30 alle 19,30.
La rassegna prevede la vendita delle opere in mostra per contribuire al progetto sociale delle Case del Cuore sostenuto dalla associazione Amici delle Case del Cuore.
Dove & Contatti
- Palazzo Samone in via Amedeo Rossi 4, Cuneo
- e-mail: grandarte.ass@gmail.com
- telefono: 335 83 86 669
Mappa
Dal testo critico di presentazione della mostra di Roberto Baravalle
Le migrazioni attualmente in corso attraverso il mondo sollecitano anche individualmente le persone a prendere posizione, a riflettere, ad accettare o a respingere. Sovente, anche solo il tentativo di capire, di comprendere costituisce uno sforzo e un impegno. La complessità e la contraddittorietà dei fatti e degli eventi dei quali siamo diretti testimoni influiscono sulle persone in termini di incremento dell’ansia, dell’incertezza sul proprio ruolo e sulla propria personalità. E’ un sociale che si fa individuale, personale.
Comprendere significa accogliere? Comprendere significa includere?
Sul versante opposto, non comprendere genera incertezza sul nostro stesso ruolo? Su chi siamo e dove stiamo andando? Potremmo dire che sugli eterni interrogativi dell’esistenza gravano, oggi, incertezze maggiori. Anche nuove paure e inquietudini, forse.
Gli artisti sono persone normalmente dotate di “antenne” assai sensibili. Del resto, sovente, la loro stessa arte viene definita “difficile da comprendere”. Quindi, per loro dovrebbe essere più agevole muoversi all’interno dei moderni labirinti, accettando e fronteggiando le nuove sfide.
L’artista, però, dispone spesso di un suo mondo, fatto di costruzioni linguistiche, che talvolta guarda al passato, talvolta anticipa il futuro. L’artista può accettare ma anche sfuggire il confronto perché si sente e, in un certo senso, è entità autonoma e auto-referenziale.
Nel merito di questa rassegna, direi che è lungo tempo che Walter Accigliaro ha scelto di raffreddare gli impulsi esterni, pittoricamente espressionisti, il colorismo, lo scontro, per approdare a una sorta di serenità algida, quasi distaccata: una pittura mentale, filosofica, con il conflitto che si sviluppa interamente all’interno dell’opera.
Ho già scritto in passato qualche pagina forse non banale sullo stato di tensione che è alla base delle opere di Pier Giuseppe Imberti, artista che da sempre accetta la lotta, vivendo quasi di conflitto. Tentativi di sistemazione formale più composta mi sembrano transitori perché sempre allo stato di tensione, il Nostro ritorna.
Sul versante opposto, Rodolfo Allasia ripropone una modalità figurativa, secondo lui imprescindibile, che ancora sembra fornirgli gli strumenti e gli utensili per confrontarsi con la realtà contemporanea.
Guido Giordano è un alchimista la cui pietra filosofale, cercata e ogni volta ritrovata nell’opera, è lo stupore di fronte alla scrittura ignota, addirittura inventata e inesistente, quasi che nella babele dei linguaggi attuali tutto sia legittimo, compreso un meccanismo “tu non mi capisci perché tu ed io non vogliamo farci capire”, e l’unica luce che si intravvede nella moderna caverna di Platone sia una sorta di bellezza formale, di arzigogolo conquistato quotidianamente a dura pena.
La sensibilità femminile di Alessia Clema ci ha a lungo ricordato che l’immagine di ognuno è superficie, specchio illusorio se non è corredata dei portati e degli arredi che ci accompagnano. Il senso della sua moderna forma di ritratto sembra stare oltre l'evidenza, ridotta a persona, strumento per la voce, amplificazione che ci permette di cogliere l'essenza di ognuno. In questa mostra propone una forma diafana di paesaggio, una nebulosa, all’interno della quale è arduo trovare un percorso.
Più cerebrale e neo-avanguardista l’approccio di Claudio Diatto, attestato sul versante di una neo – avanguardia (quella del Novecento secondo futurista) che nei suoi lavori trova il risultato dell’eleganza formale e le ragioni stesse della sua sussistenza.
Totale e apocalittico è l’approccio di quel grande poeta di lingua occitana che è Claudio Salvagno: passione per il manufatto barbaro, rivisitazione di un’antichità universale, fiducia nella valenza simbolica, fede in una tradizione che non è mai riuscita a diventare accademia, perché minoritaria e non di rado perseguitata.
La grande tradizione della pittura ottocentesca di sapore orientalista sembra rivivere nel virtuosismo di Fiorenzo Sasia: la realtà esterna (estera si potrebbe anche dire) va conosciuta e amata in loco e deve essere presentata in forma oggettiva ma è essenziale che essa sia oggetto di amore, di culto: condivisione adorata di quelle giungle, di quei volti, di quei soli e di quelle pietre.
Discorso a parte meriterebbero gli scultori.
La scultura, oggi, e anche le opere qui in mostra lo testimoniano, appare tutt’altro che una lingua morta come ebbe a definirla il grande Arturo Martini, ai margini di un'Italia distrutta dalla guerra e sfinita dal compromesso, per non dire dalla complicità, di tanta intellettualità italiana con il Regime morente. Nei decenni del dopoguerra, anzi, a testimonianza che la Storia, come la vita, non ha mai fine, la scultura ha ripreso vigore e senso dell’essere. Qui si presenta un bel campionario: dall’ironia e dalla passione artigiana di Enzo Bersezio, alla scabra monumentalità di Gaetano Usciatta, passando attraverso la raffinata politezza dei marmi e delle pietre della coppia Guggisberg-Aletti, fino alla salda presenza di Mario Mondino che affronta i marosi contemporanei con una pluralità di opzioni e di soluzioni formali che vogliono anche includere, oggi, uno sconfinamento nella pittura. L’universo acuminato di Michelangelo Tallone sembra
fare intuire l’asperità di un cammino, le difficoltà di salita e di risalita verso un universo accettabile. Tutto questo mentre la dicotomia comprensione-incomprensione sembra dover restare a lungo una cifra non episodica del nostro esistere.